I colori della Sicilia

Garibaldi - Entrata a Palermo
Spedizione dei Mille - 1860/1861
Campagna di Sicilia
Località rese memorabili da fatti di guerra
Milazzo

(nel 1860 contava: 10.493 abitanti)
Giuseppe Garibaldi

Lungo la Marina Garibaldi sorge il MONUMENTO AI CADUTI nella battaglia del 20 luglio, eretto nel 1896: sopra un alto basamento è raffigurata la Libertà, in marmo, con ai piedi le catene spezzate; tiene alta con la destra una fiaccola e posa la sinistra su uno scudo. 
Ai lati del piedestallo sono due rilievi in bronzo, raffiguranti, a sinistra, Garibaldi appiedato, in atto di difendersi con la sciabola dai dragoni che lo circondano, e, a destra, Garibaldi dormente sui gradini della chiesa di S. Maria Maggiore
Sulla fronte è incisa la seguente epigrafe dettata da Garibaldi
SU QUEST'ANGOLO
DELL'EROICA TERRA DEI VESPRI
CONSACRARONO LA NOBILE LORO VITA
I FIGLI - DI TUTTE LE PROVINCIE ITALIANE
ANNIENTANDONE
LA SECOLARE TIRANNIDE.
In fondo alla stessa Marina Garibaldi, una TARGA MARMOREA, col medaglione di Garibaldi, è infissa sulla facciata della 
chiesa di S. Maria Maggiore.
All'angolo di un edificio, sempre sulla Marina Garibaldi, una TARGA in marmo ricorda il sacrificio del popolano Matteo Nardi, caduto mentre guidava al Castello le schiere garibaldine.
Nella piazza della Stazione è una LAPIDE con un'epigrafe dettata dal Pascoli, che ricorda il pericolo mortale corso da Garibaldi nella battaglia di Milazzo.
Circa un mese dopo l'entrata in Palermo, alla fine di giugno i garibaldini, che nel frattempo avevano ricevuto molti rinforzi, si mettevano in marcia alla volta di Messina. Bisognava però aver ragione delle forze borboniche che difendevano Milazzo, dove il 15 luglio era giunto da Messina, a rinforzo di quella guarnigione, il colonnello Beneventano del Bosco, con un reggimento di linea, uno squadrone di cavalleria e 12 pezzi d'artiglieria. Il Bosco, che poteva contare su oltre 6.000 uomini, lasciò la guarnigione nella fortezza e dispose le proprie truppe nella campagna a sud della città, di fronte alle posizioni garibaldine, comprese nel triangolo Barcellona - Meri - S. Lucia del Mela, con avamposti a S. Filippo del Mela e a Corriolo

La mattina del 17 i borbonici attaccarono i garibaldini ad Archi e nel tardo pomeriggio a Meri, ma ne furono respinti. Appena avuto notizia dei combattimenti, Garibaldi, che si trovava a Palermo, s'imbarcò il 18 immediatamente con 1000 volontari sul piroscafo City of Aberdeen e alle 23 dello stesso giorno sbarcò a Marina di Patti, da dove il 19 raggiunse, col suo stato maggiore, il Medici a S. Lucia del Mela per rendersi conto della situazione. Da qui Garibaldi diede gli ordini per le operazioni del giorno seguente, in cui doveva svolgersi la battaglia decisiva che avrebbe coronato l'impresa di Sicilia.
Il 20 mattina, nelle prime ore, le colonne garibaldine erano pronte per l'attacco: sulla sinistra, il Malenchini con i Toscani e un battaglione di Palermitani doveva procedere lungo la spiaggia, puntare su S. Marina e quindi forzare la Porta Palermo di Milazzo; al centro, la colonna principale, al comando del Medici, doveva avanzare da Meri su S. Pietro; sulla destra, il generale Cosenz da Meri doveva appoggiare per Corriolo e Archi e poi far impeto contro Porta Messina; la strada di Messina doveva essere guardata oltre Pace da un reparto di reclute al comando del Fabrizi; la riserva era formata da un battaglione siciliano comandato dal Dunn. Centro e destra erano composti di Cacciatori delle Alpi. Garibaldi era pure al centro con lo stato maggiore e con la colonna Medici.
Verso le 7, la colonna Malenchini iniziò per prima l'attacco, ma, incontrata seria resistenza nelle case e nelle masserie della spiaggia, fu costretta a ripiegare sotto il violentissimo fuoco della fanteria borbonica avanzante con l'appoggio dell'artiglieria e della cavalleria. Intervenne allora il Medici da Meri per alleggerire la pressione nemica, e intanto Garibaldi, col suo stato maggiore, i carabinieri genovesi e le guide del Missori, piombava sui borbonici. Fu in questo momento che Garibaldi si trovò appiedato e circondato da un reparto di cavalleria borbonica, il cui comandante gli intimava la resa. Garibaldi rispose con un mortale fendente, mentre il Missori e lo Statella intervenivano in sua difesa. Accorsi i carabinieri genovesi, i borbonici fuggirono, abbandonando qualche cannone a Santa Marina.
Il Malenchini potè allora riprendere l'attacco, sostenuto dai carabinieri del battaglione Dùnn e dal Cosenz subito accorso. Mentre la mischia si svolgeva confusamente a causa del terreno pieno di ostacoli, si vide arrivare nelle acque di Milazzo il piroscafo armato Tùkory, già borbonico Veloce, che trasportava un battaglione di volontari. Garibaldi lo raggiunse con una barca e lo fece drizzare a tutta velocità verso la spiaggia, allarmando i borbonici con alcuni colpi di cannone diretti contro la fortezza. Le truppe del Bosco si erano intanto ritirate in Milazzo e del loro momentaneo disorientamento profittò il Medici, avanzando sulla sinistra. Alle 14 l'attacco procedeva su tutta la linea e, mentre il Cosenz puntava verso Porta Messina, il Malenchini si buttava contro Porta Palermo. I borbonici si difendevano sparando dalle case, dalle barche del porto e dalla fortezza. Riuscito a una compagnia di garibaldini di aggirare la sinistra borbonica, il Medici riprese l'assalto, giungendo prima delle 16 fin sotto l'ingresso del forte, dove si erano asseragliate le truppe del Bosco. Cinque pezzi di artiglieria rimasero in mano degli attaccanti.
Sopraggiunta la notte, gli avversari sostarono in riposo, e le giornate del 21 e del 22 passarono relativamente tranquille, dando modo ai garibaldini di costruire barricate.
Il 22 giunse nella rada la fregata francese Manette e Garibaldi fece iniziare il 23, tramite il comandante della nave, trattative di resa, ma ebbe dal Bosco un netto rifiuto. La sera dello stesso giorno arrivarono in porto anche quattro fregate napolitane e altri due vapori col colonnello Anzani dello stato maggiore borbonico, incaricato dal governo di Napoli di trattare con Garibaldi la capitolazione, che fu firmata prima di notte, mentre si presentava al largo la divisione navale del Persano. Fra il 24 e il 25 luglio ebbe luogo l'imbarco delle truppe borboniche, che furono avviate a Napoli; il loro comandante partiva per Messina.
Con la vittoriosa battaglia di Milazzo tutta la Sicilia era liberata, salvo la Cittadella di Messina.

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1860 / 1861 (immagine riservata)
A. Grifasi  14/03/02
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