I Siciliani alla scoperta del Mondo


Dicono che quando Marco Polo arrivò agli attendamenti di Kulaí Khan, un giovane bruno gli si avvicinò e gli chiese se aveva notizie di Palermo. Gli arabi erano ancora in Sicilia? La Zisa e la Cappella Palatina erano in buono stato? Fu una lunghissima conversazione prima che il veneziano coi parenti venisse ammesso davanti al sovrano imperatore mongolo. Il siciliano, raccontò al giovane mercante, che era là da moltissimi anni, e disperava ormai di rivedere qualcuno che parlasse sia pure approssimativamente la sua lingua. Era pieno di domande: Chi erano i poeti alla moda? Quando avevano lasciato l'isola in compagnia di alcuni cavalieri che s’eran fatti crociati, godevano di fama Jacopo da Lentini e Ciullo d'Alcamo e altri artisti.
Di tali incontri singolari è ricca la cronaca dei nostri viaggiatori ed esploratori dal Due e Trecento fino al secolo scorso, fino ai nostri giorni. Dappertutto, America che sia o Singapore, Terra del Fuoco o Australia oppure Milano, Roma, New York, Parigi, s'incontrano siciliani di Catania, di Gela, di Siracusa. Molti occupano posti di responsabilità e di comando, altri si sono specializzati nei servizi del terziario: aziende. ristoro, hotels, ristoranti, bar, pizzerie. Moltissimi commerciano la frutta: cioè in arance, cedri, mandorle, primizie, mandarini. Appartengono già a una categoria superiore, sono operatori economici e dovunque si assicura che siano piuttosto ricchi, di una ricchezza perfino contagiosa e affermata.
Non pochi invece si occupano d'arte, dipingono, commerciano in quadri. Per un siciliano di buona qualità, ogni mestiere è buono, e dovunque metta le mani ne trae beneficio.
La componente di fondo - sicelioti, cartaginesi, punici, greci, romani, svevi, eccetera spiega l'ansia di nuovi paesi che caratterizza il buon personaggio siciliano. Non c'è avventura, non c'è commercio, spedizione, esplorazione che si faccia senza l'intervento di qualche isolano. Mentre alle crociate i romani inventavano il commercio delle sacre reliquie, vendendo da una parte peli della barba di Maometto e dall'altra ossa di martiri ben ripulite, i siciliani che conoscevano i fastidi del caldo, installavano floridi mercati di mandarini, limoni, arance, sorbetti e bibite fredde. Non erano ancora arrivati i tempi che paesi interi, se non province complete, si sarebbero svuotati per il flusso migratorio; quando tutti gli uomini validi partivano per le lontane Americhe. Si trattava di avventura allo'stato puro, le cui tracce ritroviamo consultando il « Diccionario biografico de conquistadores y pobladores de Nueva Espana », apparso a Madrid nel 1923 a cura dello storico Francisco Icaza, o altre pubblicazioni similari. Il catalogo se non è nutrito si presenta particolarmente ricco di personaggi distinti. Vi troviamo un Giovanni Siciliano che partecipò nel 1502 alla conquista di Città del Messico, con « proprie armi e cavalcature », notazione questa che chiarisce una posizione sociale, uno stato di benessere. « Siciliano » tuttavia non doveva essere il vero cognome quanto piuttosto un aggettivo, un epiteto. Un secondo guerriero pure di Sicilia, si apprende dallo stesso Dizionario, e anche lui con « proprie armi e cavalcature », arrivò con altri spagnoli alla terra di Cibola oggi detta Arizona. Costui si chiamava Francesco Rosso. Il terzo proveniva da Messina, come dice il suo nome, Francesco da Messina; tuttavia il Medina nel suo noto libro « El Descubrimiento del Oceano Pacifico » lo assegna a Lentini, non a Messina. Nativo di uno o dell'altro centro, lo troviamo nell'elenco della gente che, in numero esiguo, accompagnò Vasco Nuiiez de Balboa nel viaggio di scoperta del l'Oceano Pacifico nel 1513 (resta tuttora una carta, presso il Conservatorio militare di Monaco di Baviera, disegnata dallo stesso Balboa, nella quale è chiaramente indicata la scoperta del Mare del Sud, con la didascalia in grosse lettere, Mare visto pelos Castellianos).
Storicamente questi tre avventurosi del XVI secolo sono i primi a tracciare il solco che sarà nel tempo seguito da tanti altri loro conterranei. Altri tre siciliani dotati come i precedenti di spirito d'avventura, li troviamo nel secolo successivo, e sempre in America; due di Messina - i fratelli Antonio e Tommaso Grisafi. Il terzo è un missionario gesuita, padre Francesco Piccolo. Questi era nato a Palermo nel marzo 1654, e recatosi in America nel 1683, fu un collaboratore di padre Giovanni Maria Salvaterra, al cui fervoroso zelo si debbono le primissime colonie cattoliche della California, la prima delle quali venne creata a Loreto -Sud California nel 1697. Stando al libro dello Schiavo « Four Centuries of Italian - American History », apparso nel 1692 a New York, - la storia « civile » della California ha avvio da quella data, e non come di solito si ritiene dalla fondazione della colonia a San Diego, opera questa dell'attività di padre Serra, ma di un secolo posteriore, cioè del 1769.
Sui due fratelli Grisafi è nientemeno che una bibliografia; ne troviamo cenno ne « La rivoluzione di Messina contro la Spagna », del Guardione, uscito nel 1906 a Palermo; ne « La Révolte de Messine, l'expédition de Sicile et la politique française en Italie », del Laloy, edito in Parigi negli anni 1929-31. La rivoluzione, i moti insurrezionali di Messina contro la Spagna sono degli anni 1674-78. La Francia, impegnata dapprima nell'aiuto dei siciliani, con la pace di Nimega del 1678 abbandonò Messina alla vendetta spagnola, e gli abitanti di ceto sociale più elevato, compromessi notevolmente, ripararono in Francia scegliendo la via dell'esilio. Antonio e Tommaso Grisafi furono fra costoro.
Diventati alti ufficiali dell'esercito francese, si trasferirono nelle colonie della Nuova Francia, America Settentrionale, e qua Antonio venne insignito della carica di governatore del forte di Onondaga, sul luogo dove oggi sorge Syracuse, nell'anno 1693, mentre successivamente assumeva l'incarico di governatore del forte di Three Rivers, che manteneva fino all'anno 1709, data della sua morte.
Da governatore di forte avanzato a governatore generale di tutti i territori e possedi-menti della Nuova Spagna, il passo è lungo, tuttavia questo venne compiuto da un altro siciliano, Michele La Grua Branciforte, Grande di Spagna, che alla corte di Madrid ricoprì incarichi notevoli per grado e importanza.Prima nominato Capitano generale della flotta, fu in seguito Governatore del gruppo delle Canarie, Ministro della Giustizia, gentiluomo di camera di Carlo III, e infine Vicerè della Nuova Spagna. Informazioni su La Grua si cavano dall'«Enciclopedia storico nobiliare italia», terzo volume, pagina 593, dello Spreti, edita a Milano nel 1930. Fondatore di Santa Cruz in California, dapprincipio in suo onore la città venne chiamata col suo nome, Branciforte, dal 1797 al 1845. Oggi egli è ricordato semplicemente con l'assegnare il suo nome ad una delle principali strade del centro californiano. Un altro siciliano del XVIII secolo lo troviamo a Cuba, dove morì nel 1767 dopo aver insegnato nel collegio dei Gesuiti di Belei. Era il gesuita palermitano, padre Giuseppe Saverio Alagna. Un suo ritratto figurava fino a qualche tempo addietro nel refettorio del collegio dei Gesuiti dell'Avana, insieme a quello d'un altro gesuita, padre Giuseppe Maria Monaco, nato a Napoli nel 1704, morto in Florida nel 1744. Uno e l'altro per incarico della Casa madre sbarcarono alle foci del Miami River (allora Rio de Ratones) il 13 luglio 1743, e l'Alagna in quella occasione disegnò la carta dell'arcipelago d'isole e isolette che va dalla Florida estrema a Key West. Per la morte del compagno di viaggio, la missione di padre Alagna non ebbe seguito, ed egli tornò nel Portogallo per riprendere l'insegnamento nel collegio di Belen, presso Lisbona. Anche se non si ha fino a oggi una documentazione adeguata, possiamo dare per sicuro che ci furono in quel tempo altri siciliani dotati di spirito avventuroso nelle vicende americane, o ispano-americane; ma il più illustre, il più noto resta Enrico Fardella dei marchesi di Torrearsa, trapanese, distintosi in particolare durante i giorni ardenti della rivoluzione siciliana contro i Borboni, negli anni del 1848-49. Nato l'11 marzo 1821, era nipote del tenente generale Gianbattista Fardella (1762-1836) che dal 1830 sino alla morte aveva ricoperto la carica di ministro della Guerra del Regno delle due Sicilie.
Il giovane Fardella alla Fieravecchia di Palermo, si batté eroicamente, più tardi fece parte del Comitato per la Guerra e la Marina del governo rivoluzionarlo di Sicilia, e nominato colonnello di cavalleria combatté ancora a Messina. Obbligato a fuggire venne catturato in Calabria e rilasciato sotto condizione di espatrio ed esilio. D'animo bellicoso, fierissimo, lo ritroviamo nella battaglia di Balaclava, nel 1855, durante la guerra di Crimea, e più avanti, nel '60, al seguito di Garibaldi il quale lo nomina governatore militare di Trapani. A Milazzo nel luglio si fa molto onore, ma poiché ormai la guerra è finita e la Sicilia entra a far parte del regno d'Italia parte per l'America, e a proprie spese allestisce nel 1861 un reggimento di volontari, esattamente il 101° che fece parte dell'armata del Potomac agli ordini del generale George Mec Lellan. Anche in questa occasione si distinse per capacità di comando e impeto, tanto da ottenere dal Presidente Lincoln la nomina a Generale. Anni ricchi di combattimenti, di guerriglia, di eroismi, cui non mancò mai il Fardella, che creato nel 1864 185° reggimento di volontari, non pochi dei quali suoi conterranei, passò a far parte della divisione Wessels. Caduto in una imboscata abilmente tesagli, venne catturato lui ed il suo stato maggiore, per finire internato a Andersonville fino alla cessazione della guerra di Secessione. Nel 1872 lo ritroviamo a Trapani, ricevuto con gli onori del trionfo, e là nella città natale per sei anni coprì la carica di sindaco. Morto il 5 luglio 1892, gli vennero dedicati il Museo Civico e la Biblioteca cittadina. Un suo ritratto in bronzo figura nel Museo civico di New York, donato a quella città nel 1952 dall' Associazione Italo-Amerícana di Sicilia al popolo d'America. Cominciata sotto l'insegna dell' avventura, la vicenda siciliana nelle Americhe non poteva meglio concludersi. Il resto, dalla seconda metà del secolo passato a oggi, è mera cronaca, ricca di persone di origine siciliana: Joe Di Maggio| Fiorello H. La Guardia sindaco di New York (1940)| Frank Capra | Salvatore Di Marco | Liza Minnelli | Martin Scorsese | Al Pacino| Robert De Niro | Frank Sinatra | Mario Puzo | Silvester Stallone | John Travolta | Joe Grifasi (il mio bisnonno e il suo bisnonno erano fratelli),| Michael Cimino | e tanti altri di cui non ricordo il nome, e per questo chiedo scusa.
 
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Tricele
A. Grifasi 20/11/97
Versione in Inglese
Traduzione di Angelo Grifasi

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