I colori della Sicilia

Garibaldi - Entrata a Palermo
Spedizione dei Mille - 1860/1861
Campagna di Sicilia
Località rese memorabili da fatti di guerra
Calatafimi

(nel 1860 contava: 8.331 abitanti)
Giuseppe Garibaldi

Sul colle detto Pianto di Romano, a km 4,3 da Calatafimi, sorge isolato il MONUMENTO-OSSARIO DELLA BATTAGLIA, con a fianco il Parco della Rimembranza, formato da un viale di cipressi. Eretto nel 1892 su progetto di Ernesto Basile (Palermo, 1857-1932), si compone di un corpo quadrilatero a forma di cubo rastremato, con trabeazione di stile dorico, avente sulla fronte un portale a timpano; da questo basamento si innalza un obelisco, nella parte inferiore del quale si aprono degli oculi che danno luce all'interno. Nei fianchi del basamento sono incassati due altorilievi bronzei, raffiguranti, a sinistra, Garibaldi circondato dei volontari dopo lo sbarco a Marsala e, a destra, Garibaldi e i suoi dopo la vittoria. Nell'interno è una TARGA in bronzo con l'elenco nominativo di 32 Caduti.
Nella Villa Comunale sorge il BUSTO di GARIBALDI, in bronzo, modellato da Antonio Ugo (Palermo, 1870-1950).
In piazza Plebiscito, sulla facciata della chiesa di S. Michele, DUE LAPIDI celebrano l'insurrezione del 12 maggio 1860 e la vittoria garibaldina. Al num. 23 di via Guglielmo Marconi, che ha inizio da piazza Plebiscito, si trova la casa Pompeiane dove Garibaldi sostò il 16 maggio 1860 e nel luglio 1862, prima dell'episodio di Aspromonte. 
Nella Biblioteca Civica sono conservati alcuni ricordi e cimeli garibaldini.
Dopo lo sbarco dei Mille a Marsala (11 maggio) il governatore borbonico della Sicilia, luogotenente Castelcicala, chieste istruzioni a Napoli, ordinò da Palermo al generale Landi di portarsi a Partinico per fronteggiare l'avanzata di Garibaldi. Ma il Landi, avendo invece deciso di andare incontro ai garibaldini a Salemi, si portò il giorno 12 ad Àlcamo e di lì proseguì ancora, prendendo posizione il 13 a Calatafimi. Egli aveva a disposizione circa 2300 uomini, uno squadrone di cavalleria e 4 pezzi d'artiglieria.

Partiti all'alba del 15 maggio da Salemi, i Mille giunsero verso le 7 nel villaggio di Vita, dalle cui alture Garibaldi prese cognizione delle posizioni nemiche. Avanzando ancora, il Generale si portò sul Monte Pietralunga, donde poté vedere le truppe borboniche già schierate a circa 2 km sul colle di fronte, detto Pianto di Romano (m 422).
II Landi aveva dislocato in avamposti 6 compagnie dell' 8° Cacciatori, un plotone dì cavalleria e 2 cannoni, sotto il comando del maggiore Sforza, a guardia della strada per Vita; altre 2 compagnie erano verso il Belvedere e 2 a protezione detta strada per Àlcamo. Erano le 11 quando Garibaldi fece prendere posizione ai suoi sul Pietralunga nel modo seguente: i Carabinieri genovesi in avamposti, dietro il ciglio del monte le 5 compagnie del battaglione Carini, sul versante di Vita e 4 del battaglione Bixio e le squadre siciliane ai fianchi. Il Generale si pose alla testa della formazione col suo stato maggiore.
Gli avversari sì trovavano di fronte l'uno all'altro, separati da un avvallamento, e per qualche tempo le due schiere non scambiarono che pochi colpi. Verso le 13 lo Sforza, ingannato dalle poche forze che poteva vedere davanti a sé, diede l'ordine dell'attacco. I borbonici scesero nel vallone, lo risalirono sull'opposto versante ma, appena furono a tiro, Garibaldi fece suonare la carica. Il contrattacco dei Carabinieri genovesi, seguiti da alcune compagnie del generale Carini, costrinse il nemico a ritornare sulle posizioni di partenza. I Carabinieri però, oltrepassato il vallone e raggiunte le falde dell'altura di Pianto di Romano, furono fermati. Sopraggiunte le compagnie del Carini, si rinnovarono gli assalti e, sotto il fuoco avversario, ì terrazzamenti del monte vennero presi uno dopo l'altro. Cinque compagnie, giunte da Calatafimì in rinforzo ai borbonici insieme con la cavalleria e i cannoni, resero più aspro il combattimento. Garibaldi allora fece avanzare altre 2 compagnie del battaglione Carini sulla destra dello scaglione più avanzato e il battaglione Bixìo sulla sinistra, ed egli stesso partecipò all'azione. Erano circa le 15. Le perdite fra i garibaldini erano state gravi, tanto che il Bixio espresse a Garibaldi il dubbio se non convenisse ritirarsi. Fu in questo momento che il Generale disse: « Qui si fa l'Italia o si muore! », e si slanciò con la spada sguainata all'ultimo assalto alla baionetta. Un cannone venne preso da Enrico Cairolì e da tre studenti pavesi all'ala sinistra dei borbonici. Finalmente, verso le 16, le trombe dei borbonici suonarono la ritirata, che sì compie dapprima con «n certo ordine e poi si tramutò in fuga verso il paese. 
I Mille, spossati dalla lunga lotta, sostarono la notte bivaccando sull'altura conquistata, mentre il Landi sgombrava in gran fretta a partire dalle 24, diretto ad Àlcamo e Partinico, dove veniva attaccato dalla popolazione, subendo perdite, per giungere a Palermo all'alba del 17.
Garibaldi entrò in Calatafimi il giorno dopo la battaglia, il 16, di prima mattina ed emanò due ordini del giorno di elogio ai suoi, in uno dei quali diceva che « con compagni come voi, io posso tentar ogni cosa ».
Alle 5,30 del 17 maggio i Mille ripartirono da Calatafimi e alle 8 giunsero ad Àlcamo.

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1860 / 1861 (immagine riservata)
A. Grifasi  14/03/02
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